Il Diamante della Memoria. Dalle ceneri di cremazione un simbolo d’amore
Nel corso di milioni di anni, all’interno della Terra, il calore e la pressione elevati hanno generato una delle meraviglie della natura: il diamante.
Questo straordinario processo di creazione può essere riprodotto nei laboratori di Algordanza. In alcune settimane Algordanza è in grado di far nascere un autentico diamante dalle ceneri di cremazione di una persona cara scomparsa: il Diamante della Memoria.
Algordanza non aggiunge alcun additivo o carbonio estraneo, per ragioni etiche tutto deve avvenire nel modo più simile a quello naturale. Un certificato ufficiale di origine accompagna il diamante assicurando unicità e autenticità.
Algordanza e la diffusione di una nuova forma di sepoltura
Algordanza è un gruppo internazionale operativo dal 2004 e presente in oltre trenta Paesi al mondo con sede principale e laboratori vicino alla più antica città della Svizzera, Coira, nel cantone dei Grigioni.
Algordanza – parola che in romancio significa ricordo – trasforma in autentici diamanti le ceneri di cremazione o i capelli delle persone care scomparse, in memoria della loro unica e splendida vita.
I Diamanti della Memoria
Fin dai tempi più remoti i diamanti sono simbolo di eternità, di ricordo, di purezza e di amore. Algordanza aiuta a mantenere la memoria della persona cara scomparsa attraverso questo simbolo molto speciale ricreando in laboratorio le condizioni per la sintesi e la trasformazione delle ceneri di cremazione (o dei capelli) in un Diamante della Memoria senza eguali.
Il Diamante della Memoria Algordanza è generato esclusivamente con le ceneri provenienti dalla cremazione umana, senza inclusione di additivi. I diamanti non sono mai toccati da mani nude durante tutto il processo di lavorazione e vengono consegnati in una apposita custodia. Nel caso di realizzazione dai capelli (sono richiesti almeno 5 grammi di peli o capelli) i capelli non vengono bruciati ma trattati chimicamente in altro modo per estrarre il carbonio in essi contenuto.
Ogni persona è unica, come è unico lo stile di vita e diverso l’ambiente circostante. Queste condizioni influiscono sulla composizione chimica del nostro corpo, dei capelli e delle ceneri di cremazione. Questo è il motivo per cui ogni diamante brilla con proprie tonalità di bianco o di blu. Non ci sono due diamanti uguali così come ogni persona è stata unica quando era in vita.
TESTIMONIANZE
– Il noto tenore Giorgio Merighi trasformato in diamante
Svizzera, 4 febbraio 2020. L’urna con le ceneri di Giorgio Merighi è stata accompagnata oggi a Domat/Ems, nel cantone dei Grigioni, nei laboratori della società Algordanza. Qui, grazie a un procedimento chimico e fisico complesso, dalle ceneri sarà estratto e trasformato il carbonio che diventerà un Diamante della Memoria.
Alla presenza del fondatore della casa madre svizzera Rinaldo Willy e della responsabile della filiale italiana Christina Sponza, la moglie di Merighi, Elena Cervigni, ha raccontato – con commozione e al contempo con la serenità di chi sta compiendo una scelta ponderata e rispettosa delle volontà del proprio coniuge – il percorso che ha condotto a questa decisione.
«Mio marito – ricorda la signora Cervigni – era venuto a conoscenza di questa possibilità una decina di anni fa (la malattia era ancora lontana).
Da grande uomo di teatro, brillante e ironico, aveva esclamato con entusiasmo “Io mi sento un diamante!”. Giorgio ha sempre affrontato la vita con gioiosità e consapevole leggerezza; con lo stesso spirito si è posto rispetto all’Atrofia Multisistemica (malattia neurodegenerativa rara). Così la volontà di essere trasformato in diamante si è progressivamente radicata nel suo pensiero tanto da parlarne spesso con amici e conoscenti, fino al punto da scriverlo nel suo testamento biologico».
«Giorgio – prosegue Elena Cervigni – ha continuato a giocare con la vita fino a venti giorni prima di morire. Avevamo riflettuto assieme sull’opportunità di essere sepolto nella tomba di famiglia, in un piccolo cimitero della campagna emiliana (Denore di Ferrara) che però, trovandosi a troppi chilometri di distanza da Jesi, città in cui abbiamo vissuto per 18 anni, sarebbe stato difficilmente raggiungibile con regolarità. Il diamante mi consentirà di avere sempre con me un ricordo tangibile di mio marito. Sono consapevole che lui fisicamente non c’è più, non è nelle ceneri e non sarà nel diamante, però con questa gemma darò luce e forma alla sua memoria e al nostro amore. Con le nostre fedi nuziali verrà realizzata la montatura del Diamante della Memoria».
«Il processo di creazione dura circa sei mesi e quello che ne risulta è un diamante a tutti gli effetti, ottenuto replicando in laboratorio le condizioni di temperatura e pressione che portano alla formazione dei diamanti in natura. Come nel caso di tutti i nostri diamanti – puntualizza Rinaldo Willy – anche questo brillerà con proprie sfumature di bianco o di blu».
«Siamo presenti in Italia, oltre che in più di trenta paesi al mondo, dalla fine del 2008 – dichiara Christina Sponza -. L’interesse nei confronti di questo servizio è in costante aumento. La clientela è estremamente eterogenea e i prezzi, che variano in funzione della grandezza del diamante che si vuole ottenere, sono paragonabili o addirittura inferiori a quelli di una sepoltura tradizionale».
– Il Diamante della Memoria di mia mamma
Negli ultimi anni di vita di mia mamma, ho pensato molto spesso alla sua morte. Era una cosa che mi spaventava molto e penso che fosse un modo per esorcizzare quell’evento.
L’aver vissuto senza padre praticamente da sempre, sebbene con gli affetti quotidiani di mio nonno (per i primi undici anni della mia vita) e di mia zia, mi hanno portato ad essere molto legato a lei, anche quando ho cercato di allontanarmi per esserne meno dipendente. Il vederla vivere in maniera sempre più faticosa, seppur dignitosamente, mi faceva pensare sempre più spesso al giorno del distacco, ma ero comunque consapevole che sarei stato colto di sorpresa quando fosse successo.
Nello stesso anno in cui se ne andò, venni a conoscenza, per caso, leggendo un articolo su un quotidiano, della possibilità di diamantificare le ceneri di cremazione di una persona cara. Non ne avevo mai sentito parlare prima, salvo scoprire poi che era da quindici anni che c’era questa possibilità.
Sul momento rimasi stupito e tra me e me dissi solo “ma pensa…”, rimanendo in bilico tra il considerare la pratica bizzarra nonché un nuovo modo per fare soldi sulle dipartite, ma anche che quel modo, avesse un ché di poetico e che rendesse “eterno” in maniera tangibile e in una delle forme più nobili della natura, il ricordo di un proprio caro. Quella nozione rimase per alcuni mesi latente nel mio cervello.
Quando arrivò il giorno della morte di mia mamma, comunque improvviso nel bene e nel male, mi tornò subito in mente quella possibilità e pur nel trambusto di quello che avviene in quei frangenti, chiesi informazioni, se non lo stesso giorno, quello successivo. Posso dire senza retorica che avevo inconsciamente già deciso. Quel momento e la scelta erano lì e non si sarebbero ripetuti. Ci pensai (anche l’aspetto economico non poteva essere trascurato), ma nell’arco di un giorno, con l’approssimarsi del funerale, decisi che quello sarebbe stato il modo in cui avrei ricordato, di giorno in giorno, mia mamma.
Dovetti aspettare due settimane per avere le ceneri, tanti erano i decessi in quel periodo. In quel lasso di tempo si perfezionarono anche gli aspetti burocratici per trasportare le ceneri in Svizzera, e decisi che le avrei portate io presso la sede di Algordanza. Per me fu come fare un ultimo viaggio con mia mamma, sebbene ad alcuni possa sembrare macabro.
Quando arrivai (non fu un viaggio breve e con mille pensieri) fui accolto con molto tatto e mi fu spiegato in dettaglio il processo che avrebbe portato all’ottenimento del diamante, con tanto di visita ai laboratori ed agli impianti.
Devo dire che per un ingegnere dei materiali come me, è stato estremamente interessante e bello e quella materialità ed aspetti tecnici che possono sembrar cozzare con la metafisica del lutto, furono per me invece un sollievo che mi diedero conferma di aver fatto la scelta giusta.
Ci vollero otto mesi perché il diamante fosse pronto. Con il solito tatto della prima volta mi fu aperto il cofanetto che lo conteneva: meraviglia e commozione sono i sentimenti che provai, mi luccicarono gli occhi, ma non piansi. Era bellissimo, lucente, blu chiaro (mi fu spiegato che quel colore deriva dalla presenza dell’elemento Boro), con un’inclusione che mi ricordava che non siamo perfetti e che non lo era certo anche mia mamma. Lo scelsi grezzo, senza alcun tipo di taglio, perché doveva rimanere così come era cresciuto, artificialmente sì, ma nella forma che è quella della natura.
Un inciso: lo scelsi da 0.5 carati, ma venne da 0.65. Questo (ovviamente nessun aggravio di prezzo), tra me e me mi fece pensare che certo, Algordanza è una azienda e come tutte deve avere profitti, retribuire dipendenti, coprire le spese per i macchinari, ecc., ma almeno nel mio caso, non hanno certo lesinato sui tempi del processo. O forse è mia mamma che ha voluto ringraziarmi con “generosità”.
Adesso ho un anello al dito con incastonato il diamante, sempre più convinto e contento della scelta fatta e che finché ci sarò mi farà vedere sempre mia mamma con la luminosità che le spetta.
Paolo M.
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